C’è un libro molto bello che ti consiglio di leggere: “Felicità®”, di Will Ferguson.
Il romanzo parla sostanzialmente di cosa accadrebbe se qualcuno scrivesse un libro di autoaiuto che effettivamente funziona, permettendo alle persone di risolvere tutti i loro problemi.
È ciò che tutti desideriamo continuamente, ma ti sei mai chiesto veramente cosa accadrebbe se non ci fossero più problemi?
Lo spunto di questa newsletter mi viene da un post di Jacopo Perfetti (questo qui), e la voglio prendere alla lontana quindi ti dico subito il finale:
se non ci fossero più problemi sarebbe un grosso problema
Siamo fatti per le difficoltà…
Ci siamo evoluti in un ambiente difficile: predatori, competizione, scarsità di cibo, condizioni climatiche avverse.
Ma non siamo solo sopravvissuti in questo ambiente, ci siamo anche adattati, il che significa che il nostro corpo dà il meglio in quelle difficoltà.
Per esempio, un apporto calorico moderato tiene bassa l’infiammazione cellulare. Camminare ha due funzioni: sollecita le articolazioni, che in risposta secernono fattori protettivi della cartilagine, e fa fluire il sangue dalle gambe alla parte superiore del corpo. Il freddo rallenta il metabolismo e riduce anch’esso l’infiammazione cellulare.
Questi stimoli causano uno stress che è positivo per il nostro corpo, detto eustress; il suo contrapposto è il distress, che è invece dannoso.
…ma tendiamo a evitarle
La condizione che ricerchiamo con più frequenza è però il riposo, che può sembrare paradossale visto quanto abbiamo appena detto, ma non lo è affatto: anzi, è proprio a causa delle sfide a cui ci siamo dovuti adattare.
In effetti, sopravvive meglio chi si adatta alle sfide, ma chi riesce ad evitarle risparmiando energie sopravvive ancora meglio.
È tutta una questione di risparmio energetico: più energie si riescono a conservare, più se ne avranno a disposizione nel momento in cui sono realmente necessarie.
Mens sana in corpore sano
Esattamente come recita questa vecchia massima, corpo e mente sono collegati, e infatti il discorso vale anche per quest’ultima: il cervello beneficia enormemente delle sfide che gli poniamo, ed anzi le ricerca attivamente.
Perché pensi che le persone si dedichino a hobby e sport dopo una dura giornata di lavoro? Perché amiamo così tanto il gioco, pur derubricandolo spesso a “roba da bambini”?
Sono attività in cui possiamo decidere il grado di difficoltà, e cimentarci in sfide che ci fanno sentire capaci, soddisfatti e motivati.
Giocare come mindset
Dalla metà degli anni ‘90 la LEGO iniziò a concentrarsi sui parchi a tema, e rese i set sempre più facili, con mattoncini sempre più grandi, poiché l’analisi dei dati diceva loro che i bambini erano sempre più impulsivi e meno pazienti.
Contestualmente, le vendite di questa grande azienda iniziarono a calare, e continuò così finché alcuni marketers iniziarono a parlare con dei bambini, e uno di loro gli fece scoprire qualcosa che non avevano considerato. Il bambino era un’appassionato di LEGO, ma l’oggetto di cui andava più fiero erano un vecchio paio di scarpe da skateboard, completamente consumate.
Ma consumate nel modo giusto: avevano i segni di chi esegue magistralmente acrobazie in skateboard, ed erano la prova che era uno dei migliori della città.
Erano un trofeo.
I marketers capirono così che ai bambini piacciono le sfide, e consigliarono di costruire set più difficili, con pezzi più piccoli: come risultato, nella prima metà del 2014 LEGO sorpassò la Mattel, diventando il primo produttore di giocattoli al mondo.
Questa storia è presa dall’introduzione di “Small Data”, un bellissimo libro di Martin Lindstrom, e ci fa capire quanto le sfide siano importanti, non solo per i bambini, ma per tutti noi.
Giocare è l’espressione suprema di questa necessità, anzi della peculiarità più distintiva del nostro cervello: immaginare scenari.
Giocando testiamo scenari ipotetici senza correre rischi, impariamo in sicurezza ciò che ci serve per sopravvivere (in natura) e stimoliamo il nostro cervello a fare connessioni. Giocare è una funzione superiore, riscontrata principalmente nei mammiferi, ed è un vero e proprio mindset: sperimentare, provare, testare possibilità nella nostra mente prima che nella realtà.
Ma perché non ci viene più naturale?
Perché viviamo in un mondo artificiale
Abbiamo creato un mondo dove le sfide per cui ci siamo evoluti sono scomparse (per molti di noi, sicuramente per te che leggi questa newsletter), e dove l’unica cosa che conta è la crescita, “produrre” qualcosa.
Non c’è spazio né tempo per provare, sbagliare, sperimentare: tutto va troppo velocemente, e non abbiamo tempo di adattarci biologicamente a tutto ciò.
E quindi?
E quindi dobbiamo riprendere il mindset del bambino: giocare.
Sperimentare, provare, sbagliare e ricominciare.
Possibilmente col sorriso sulle labbra.
Giocare non è una cosa da bambini, e se vogliamo vivere una vita che ci renda felici, dobbiamo andare a cercarci la giusta dose di sfida per tenerci in forma, tanto col corpo quanto con la mente.
Metterci alla prova per il gusto di metterci alla prova.
Che non è altro che la descrizione di hobby, sport e giochi, vero?