
Il/la mentore è quella persona che ti aiuta in un momento di bisogno, ma non fornendoti una soluzione pratica, bensì aiutandoti a sviluppare le capacità che ti servono.
Molte volte troviamo persone che (nella vita privata) tendono a voler risolvere la situazione al posto nostro, oppure (nel lavoro) vogliono venderci lo strumento che risolverà il nostro problema.
E abbiamo bisogno sia delle une, che delle altre.
Ma nessuna di queste due azioni ci aiuta a crescere, e in definitiva non ci aiuta a diventare più bravi a gestire quel problema in futuro.
Ci rende solo più dipendenti da quella specifica soluzione.
Ingrediente #1: Competenza
Per prima cosa, un mentore deve avere competenza.
Deve sapere cose specifiche e pratiche di almeno un ambito particolare, in modo da poter dare consigli precisi e puntuali a chi ne ha bisogno.
La sola competenza però genera un consulente junior, non un mentor, quindi bisogna aggiungere un secondo ingrediente.
Ingrediente #2: Esperienza
L’esperienza permette di capire come le competenze che abbiamo si devono adattare alla realtà per essere efficaci.
I fatti sono spesso molto più fantasiosi della teoria, con la conseguenza che le nozioni teoriche che impariamo sono insufficienti ad affrontare i problemi reali.
Facendo esperienza ogni giorno dei possibili casi, delle variabili e (soprattutto) delle eccezioni, s’impara a riconoscerle e ad adattarsi.
Un mentore con esperienza saprà meglio quali sono i casi che il suo mentee (ho evitato finora questo termine, che mi sembra terribile, ma non posso più sfuggirgli) si troverà davanti, e può quindi consigliarlo con più efficacia.
Ma così, abbiamo solo ottenuto un consulente senior.
Ci serve di più.
Ingrediente #3: Maieutica
La maieutica è un metodo che consiste nel demolire le credenze di una persona per poi stimolarla a trovarne altre, più vere, in sé stessa.
Anche se può sembrare manipolatoria, la prima parte è necessaria, in quanto una mente già piena fatica a contenere altro: bisogna prima svuotarla.
Stimolare la persona a cercare opinioni e soluzioni da sé stessa permette che tiri fuori il massimo, perché farà appello alle proprie risorse e abilità, trovando una soluzione migliore per sé, e quindi più efficace.
Competenza, esperienza e maieutica creano un buon manager, ma proprio come nella ricetta di una torta non basta unire farina, zucchero e lievito: serve un legante che renda un insieme di ingredienti un impasto vero e proprio.
Legante dell’impasto: Ascolto
L’ascolto è la caratteristica essenziale, perché senza si userebbero competenza, esperienza e maieutica a sproposito.
A volte servirà una soluzione pratica (esperienza), altre volte un insegnamento che manca (competenza), oppure uno spazio di riflessione per crescere (maieutica). O una loro combinazione.
Ma senza ascoltare ciò che ci dice il mentee, non possiamo capire di cosa ha bisogno in quel momento (soprattutto se nemmeno lui/lei lo sa con chiarezza), e non saremo efficaci.
Infine, lasciar cuocere il tempo necessario
Per concludere, mettete in forno e lasciate cuocere.
A volte ci vogliono settimane, a volte mesi, a volte ore: ogni persona, ogni situazione, ogni mentore crea un caso a sé che non si può standardizzare come un tempo di cottura.
Devi mettere da parte il tuo ego, e non pensare che solo perché TU stai facendo da mentore quella persona risolverà il suo problema.
Essere un mentore significa anche dare al mentee il tempo di elaborare gli input e reagire ad essi nel momento e nel modo migliori per sé.
Non puoi mettere fretta a un albero per crescere.
Takeaways
Se vuoi “essere la persona che avresti voluto incontrare”, segui questi passaggi:
Assicurati di avere competenze che possano essere utili ad altri: non importa se hard o soft-skills;
Verifica il tuo livello di esperienza: chiunque può fare da mentore ad altri, ma devi capire a chi puoi farlo tu e a chi devi dire di cercare qualcun altro più esperto;
Comprendi a fondo la maieutica, e come aiutare le persone a trovare le proprie risposte (qualche base di coaching aiuta parecchio);
Lascia al mentee il tempo per rielaborare ciò che gli hai detto a modo suo: il tuo compito è dargli uno spazio di crescita, non fare il deus ex machina.
Che ne pensi di questo mindset?
Grazie per essere arrivato/a sin qui, alla prossima settimana
Davide